L'adozione di nuove modalità di svolgimento dell'assemblea impone una riflessione sulla gestione del diritto di porre domande durante l'assemblea e prima dell'adunanza.
La particolare gestione del momento assembleare e la scelta dello strumento del rappresentante designato "in via esclusiva" si riverbera, infatti, sull'esercizio dei diritti dei soggetti legittimati non soltanto per la previsione implicita di un termine – del secondo giorno di calendario precedente la data dell'assemblea – per l'esercizio dei diritti di voto (cfr. Q&A Assonime), ma anche per una compressione delle modalità di partecipazione e di esercizio dei diritti amministrativi prima e durante l'assemblea.
Le peculiarità della previsione del rappresentante designato "in via esclusiva" pone alcuni temi specifici rispetto all'esercizio del diritto di porre domande.
Secondo la disciplina ordinaria (pre-Covid19) è pacifico che il diritto di porre domande possa essere esercitato dal soggetto legittimato prima e durante l'adunanza assembleare, sia direttamente sia tramite un proprio rappresentante (l'art. 135-novies TUF fa riferimento alla "rappresentanza"; ancora più esplicitamente si veda anche l'art. 10, comma 1, Direttiva 2007/36/CE). Al contrario, la disciplina del rappresentante designato non prevede questa facoltà, essendo tale strumento volto esclusivamente alla raccolta delle istruzioni di voto (l'art. 135-undecies TUF si riferisce più specificatamente alle sole istruzioni di voto; si veda in tal senso anche il modello di delega nell'Allegato 5A del Regolamento Emittenti).
Nella stagione assembleare caratterizzata dalla pandemia da Covid19, la figura del rappresentante designato "in via esclusiva" diviene l'unico canale attraverso il quale far confluire il voto dei soggetti a tal fine legittimati. Nella costruzione di questo strumento, il d.l. Cura Italia (d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge del 24 aprile 2020, n. 27) prevede – ragionevolmente – alcune importanti eccezioni dalla disciplina ordinaria, tra cui rileva, ai fini della presente Q&A, la possibilità di attribuire al rappresentante designato anche deleghe e/o subdeleghe ai sensi dell'art. 135-novies del TUF (cd. delega ordinaria), in deroga all'art. 135-undecies, comma 4, del TUF medesimo, che vieta espressamente questa possibilità.
In tal modo, il rappresentante designato "in via esclusiva" viene a svolgere nelle assemblee "a porte chiuse" una funzione potenzialmente più ampia e complessa di quella prevista originariamente dall'art. 135-undecies TUF, indipendentemente dal tipo di delega ricevuta.
Questa peculiare configurazione del ruolo del rappresentante designato impone alcune riflessioni ai fini della corretta gestione dei diritti di partecipazione del soggetto titolare del diritto di voto, tra cui il diritto di avanzare proposte e quello di porre domande.
Se la questione relativa alla possibilità di utilizzare il rappresentante designato per presentare proposte direttamente in assemblea è facilmente risolvibile in senso negativo, per l'evidente impossibilità per i soci di votare su queste proposte (cfr. Q&A Assonime; Q&A Consob commentate nelle news di Assonime del 15 aprile e del 30 aprile scorso), più complessa è invece quella relativa alla possibilità di porre domande direttamente assemblea tramite il rappresentante designato.
Posto che la funzione del rappresentante designato è primariamente quella di fungere da collettore di voti dei soggetti legittimati ed è stata in tal senso allargata dall'art. 106 d.l. Cura Italia anche alle deleghe ordinarie e alle subdeleghe, la particolare condizione delle assemblee "a porte chiuse" potrebbe indurre le società a favorire – per quanto possibile – le più ampie forme di partecipazione dei soci.
Al riguardo, una maggiore flessibilità circa l'ammissibilità delle domande trasmesse attraverso il rappresentante designato potrebbe trovare sostegno in una interpretazione più estesa e teleologicamente orientata di tale istituto: le domande dei soci, infatti, accanto alla funzione fondamentale di favorire l'esercizio informato del diritto di voto –che nelle assemblee "a porte chiuse" può essere pienamente soddisfatta soltanto con le risposte fornite prima dell'assemblea – possono svolgere anche la funzione di segnalare pubblicamente tematiche e criticità –che in questo tipo di assemblee può rilevare anche nel caso di risposte fornite direttamente in assemblea.
Da un lato, quindi, può apparire ragionevole circoscrivere le modalità di trasmissione delle domande, invitando i soggetti legittimati ad esercitare tale diritto avvalendosi, innanzitutto, delle procedure offerte dalla società nell'avviso di convocazione: la predisposizione di un canale specifico per l'esercizio del diritto e l'impegno della società a fornire risposta prima dell'assemblea appaiono, infatti, lo strumento più efficace a garantire un'adeguata informazione a tutti soggetti legittimati al voto in assemblea (cfr. Q&A Assonime; Comunicazione Consob n. 3/2020 commentata nelle news di Assonime del 15 aprile) e che può, se accompagnato dalla pubblicazione sul sito internet della società, soddisfare anche un requisito informativo più generale.
Dall'altro, la sottoposizione di domande tramite il rappresentante designato, che in queste assemblee svolge anche la funzione di delegato ordinario, non appare sostanzialmente impraticabile né priva di una qualche funzione segnaletica.
Appare quindi ragionevole che siano le società a disciplinare la possibilità o meno di accogliere le domande presentate per il tramite del rappresentante designato, non essendo rinvenibile alcun obbligo né divieto sul tema. La scelta potrà tener conto delle proprie specificità e, non da ultimo, del fatto che un utilizzo massiccio della delega quale veicolo per la trasmissione di domande potrebbe comunque cagionare un grave pregiudizio all'efficace svolgimento dell'assemblea "a porte chiuse".
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