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  • 31/07/2020

    Assonime pubblica l'articolo che il Direttore Generale Stefano Micossi ha scritto per il sito InPiù.

    Il decreto fa qualche passo avanti, ma non supera la logica del compromesso tra diverse amministrazioni

    Il decreto Semplificazioni contiene qualche utile progresso, ma molto è spezzettato in minuzie procedurali e varie innovazioni sono limitate nel tempo, come le misure per accelerare i contratti pubblici. La limitazione dei tempi per l’autotutela delle amministrazioni a tre mesi è stata introdotta (in conversione del decreto Rilancio) solo per misure legate all’emergenza Covid, comunque solo fino a fine anno. Importanti sono la delimitazione della responsabilità erariale dei funzionari al dolo, eliminando la colpa grave, e la migliore delimitazione del reato di abuso di ufficio. Si è migliorata marginalmente la conferenza dei servizi e vi sono alcune semplificazioni settoriali che possono avere effetti significativi, ad esempio in materia di infrastrutture per le comunicazioni elettroniche. Non si è neanche incominciato a ridurre seriamente l’apparato dei controlli ex-ante sui contratti pubblici e gli appalti, che sono la vera mannaia sulla possibilità di decidere in tempi ragionevoli le opere, movendo il sistema verso una logica di controlli ex-post, per loro natura meno formalistici e capaci di valutare le azioni anche negli effetti (ma forse per questo serviva una legge, il decreto non avrebbe potuto). Nulla è stato fatto per migliorare le procedure di decisione del Cipe, un altro collo di bottiglia delle decisioni sulle opere.
     
    Quel che proprio non funziona è la logica politica del processo di semplificazione: mentre il presidente del consiglio e certi ministri spingono per semplificare, altri si battono per non farlo, a difesa delle prerogative delle loro amministrazioni o di apparti sanzionatori barocchi e poco efficaci, ma che continuano a impedire le decisioni. L’esempio eclatante in questa tornata pare sia stato il ministro dei beni culturali, auto-proclamatosi difensore delle soprintendenze, che come è noto spesso pensano che non fare nulla sia meglio che fare qualcosa. Il risultato è appunto lo spezzettamento delle decisioni, che prendono la forma di decisioni di compromesso, a metà tra il fare e il non fare. Se semplificare e ridurre la burocrazia è obbiettivo politico del governo, allora tutti i ministri dovrebbero concordemente lavorare per questo obbiettivo. Remare contro non dovrebbe essere ammesso.
     

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