Assonime pubblica l'articolo che il Direttore Generale Stefano Micossi ha scritto per il sito InPiù.
Rischiamo di perdere pezzi importanti di patrimonio industriale
Il governo sembra capace di gestire l'emergenza, con crescente affanno, ma non di sbloccare le decisioni che potrebbero aiutare l'economia a cadere un po' di meno. Tra queste si collocano i grandi dossier industriali, nei quali l'incertezza regna sovrana. Il dossier Alitalia è bloccato dai vincoli politici contro gli esuberi e le difficoltà di digerire una cessione agli stranieri (Lufthansa). Quattro mesi sono appena bastati per decidere la composizione del Cda della newco che dovrà gestire la compagnia; con quel consiglio, il management faticherà a far passare decisioni difficili. Su Autostrade, la decisione di obbligare Atlantia a vendere a Cdp, pur in presenza di acquirenti privati disposti forse a pagare meglio, getta un'ombra sinistra sul rispetto dei diritti degli azionisti, che includono molte migliaia di azionisti retail, italiani e stranieri. Inoltre, Atlantia negozia con la doppia pistola sul tavolo della minaccia di revoca della concessione e della mancata approvazione del nuovo piano tariffario. Un metodo da dittatori africani.
Che dire di Ilva, nel quale temo stia prevalendo la linea che vuol portare a chiudere la società, tra suggestioni ambientaliste e minacce di sequestro penale degli stabilimenti. Arcelor-Mittal se la ride: tra poco avrà realizzato l'obiettivo di chiudere uno degli stabilimenti concorrenti più competitivi d'Europa al costo netto di 500 milioni. Quanto a Tim, l'accrocchio inventato dal governo per realizzare la rete unica arranca tra mille ostacoli - e se riuscisse avrebbe il gran risultato di mettere la rete unica in mano ai francesi di Vivendi, che restano i maggiori azionisti e che faranno valere tale maggioranza in assemblea. Funzionari poco esperti di diritto societario hanno anche infiorettato il memorandum of understanding raggiunto tra Cdp e Tim di strafalcioni giuridici, come quello secondo cui gli amministratori sarebbero obbligati a votare in Cda con maggioranze predeterminate secondo la materia, una previsione chiaramente in contrasto con gli obblighi degli amministratori di agire nell'interesse della società. Intanto la signora Vestager ha chiarito che la società unica della rete non potrà restare sotto l'influenza di governance dell'ex-monopolista. Quel che non si capisce è perché il ministro dell'Economia non eserciti la sua autorità per impedire tali scempi, che stanno distruggendo quel che resta di grandi società italiane. Si respira un'aria familiare: quella di antica memoria della banca d'affari di Palazzo Chigi, dove non si parlava l'inglese.