NEWS LEGISLATIVE

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  • 04/04/2023

    Nella Gazzetta ufficiale del 31 marzo 2023 è stato pubblicato il decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36 che riforma il Codice dei contratti pubblici in attuazione della delega contenuta nella legge n. 78/2022 e nel rispetto dei tempi previsti dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR). Il testo rappresenta un buon risultato in termini di equilibrio tra esigenze di semplificazione e innovazione, ma restano alcuni punti oscuri.

    Sotto il profilo strutturale, il Codice adotta un approccio fortemente innovativo: si tratta di un testo auto-esecutivo che non rinvia a regolamenti o altri provvedimenti attuativi da adottare in seguito. Il Codice sarà applicabile a partire dal 1° luglio 2023, ad eccezione di alcune parti (digitalizzazione e sistema di qualificazione) che saranno operative a partire dal 2024.

    Dal punto di vista sostanziale, tra gli aspetti positivi vi sono le norme che, per incoraggiare la buona discrezionalità, introducono due nuovi principi generali: il principio del risultato che diventa prioritario per l'aggiudicazione dei contratti e il principio di fiducia che mira a superare atteggiamenti di diffidenza tra funzionari pubblici e operatori economici.

    Da apprezzare è anche il rilancio dell'e-procurement attraverso un'opera di digitalizzazione intesa non come mero strumento di accelerazione dei tempi procedimentali, ma come occasione per reingegnerizzare tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla creazione di documenti nativi digitali e dall'implementazione della banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell'operatore economico.

    Opportuni sono stati anche gli interventi - auspicati da Assonime - sulle cause di esclusione e sull'illecito professionale, inseriti in fase di stesura finale del testo. In particolare, è stata eliminata la sentenza di patteggiamento come mezzo di prova per la commissione di comportamenti che sono causa di esclusione automatica dalla procedura di appalto, ed è stato limitato l'illecito professionale grave alle sole ipotesi indicate dalla norma, riducendo l'ambito di valutazione della stazione appaltante ed escludendo come mezzi di prova i provvedimenti di inizio dell'azione penale. Infine, un'ulteriore correzione - in linea con quanto osservato da Assonime - migliorativa rispetto al testo iniziale è aver previsto l'obbligo di costituire una società di scopo ad hoc solo per le concessioni superiori alle soglie europee, poiché un obbligo generalizzato sarebbe risultato ingiustificatamente sproporzionato per i progetti con impatto economico marginale.

    Nonostante tali aspetti positivi, il Codice contiene ancora diverse zone d'ombra.

    Quella di maggiore portata riguarda i contratti sotto le soglie europee che possono essere aggiudicati senza una procedura pubblica di gara, utile a selezionare la migliore offerta realizzabile.

    Per i lavori, si tratta di procedere con affidamento diretto, con rotazione degli incarichi, per i contratti fino a 150.000 euro e con procedura negoziata da 150.000 euro a 5.3 milioni di euro (con obbligo di consultare 5 operatori economici per i contratti fino a 1 milione di euro e 10 operatori economici per i contratti da 1 milione a 5.3 milioni di euro); per i contratti di servizi e forniture, l'affidamento diretto, con obbligo di rotazione,  è possibile fino a un importo pari a 140.000 euro, per importi da 140.000 fino a 215.000 euro è prevista la procedura negoziata con la consultazione di 5 operatori economici.

    Sebbene si tratti di contratti di minori dimensioni, essi sono numericamente significativi (secondo i dati ANAC, il 98% dei contratti che le pubbliche amministrazioni stipulano per lavori pubblici e forniture).

    Un altro punto critico riguarda la qualificazione delle stazioni appaltanti. Il testo finale ha allargato le ipotesi di qualificazione con riserva (sono state incluse anche le unioni di comuni, i comuni capoluogo di provincia e le regioni), comportando di fatto una proroga dell'avvio del sistema di qualificazione.

    La qualificazione con riserva garantisce il conseguimento, fino al 30 giugno 2024, del livello massimo di qualificazione (cioè senza limiti di importi), senza dimostrare il possesso di capacità relative all'organizzazione (per es. presenza di una struttura stabilmente dedicata alle procedure di aggiudicazione o disponibilità di una piattaforma digitale), alle competenze (per es. presenza di dipendenti con competenze specifiche in materia di contrattualistica pubblica o di sistemi digitali) e all'esperienza (per es. numero di gare aggiudicate o andate deserte, relativi importi, tempi di affidamento e di realizzazione).

    Zone d'ombra potrebbero interessare anche il subappalto a cascata. Sebbene introdotto per esigenze di adeguamento alla normativa europea, da tempo richiesto dall'UE, il subappalto a cascata può comportare criticità, se non accompagnato da idonee misure volte a garantire la tutela delle condizioni di lavoro e a prevenire infiltrazioni criminali. L'assenza di quantitativi massimi subappaltabili e la possibilità di ricorrere a ulteriori subappalti rischiano di rendere difficile il controllo dell'aggiudicatario lungo tutta la catena di approvvigionamento. Diventa fondamentale quindi rafforzare il livello dei controlli delle attività di cantiere, facilitati peraltro dall'utilizzo delle nuove tecnologie, e la due diligence per la selezione dei subappaltatori, ricorrendo alle white list o predisponendo proprie liste di fornitori.  

    Infine, anche le norme sul partenariato pubblico privato potrebbero rivelarsi pericolose per il bilancio dello Stato. Per evitare che si intraprendano progetti non realizzabili e non convenienti per l'amministrazione, con ricadute sul debito pubblico dello Stato, occorre valutare attentamente la fattibilità del progetto.

    Nel testo finale è stata opportunamente prevista la valutazione preliminare di convenienza e fattibilità anche per i progetti di interesse statale di importo compreso tra 50 milioni di euro e 250 milioni di euro (in particolare è previsto il parere non vincolante del DIPE e della Ragioneria dello Stato), ma per progetti intrapresi da Regioni ed enti locali la richiesta di parere resta facoltativa, lasciando l'ente concedente libero di valutare, se la complessità dell'operazione contrattuale richiede il parere del DIPE. Questa previsione espone lo Stato a possibili rischi finanziari, con accollo sul debito pubblico, nel caso, una non ponderata valutazione sull'allocazione dei rischi, induca ad approvare progetti diseconomici. 

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